Tiramisu: storia, varianti e consigli sulla specialità al cucchiaio più amata dagli italiani
Chi ha detto che alla Dabbe di Pisa si viene solo per mangiare pizza e ottimi secondi piatti? In cucina c’è una grande specialità che è la regina della carta dei dessert: il tiramisu.
Questo dolce al cucchiaio non ha nemmeno un secolo di vita ed è considerato uno dei prodotti più conosciuti della tradizione culinaria italiana. La domanda però è: chi lo ha inventato?
Le tesi sulla paternità del tiramisu si sprecano. L’area di nascita viene collocata generalmente nel Triveneto (c’è chi dice abbia origini senesi in epoca granducale, ma esistono molte perplessità su questa versione). Stringendo il raggio, sono Veneto e Friuli le regioni che si contendono questo primato, e all’interno di queste ci sono ristoranti e chef i quali, tra gli anni Trenta e Sessanta del secolo scorso, dicono di aver creato questa bontà. A Treviso si narra di un’invenzione del ristorante “Beccherie”, ma anche di una casa di una tolleranza in cui si sarebbe servita una coppa di tiramisu al termine delle prestazioni. Un dolce energizzante, come dice il nome, che veniva dato anche ai ragazzi in vista di esami scolastici particolarmente importanti. Se ne descrivono anche i presunti effetti afrodisiaci, legati al mix degli ingredienti che lo compongono.
Sulla sponda friulana l’antenato del tiramisu è la Coppa Vettorino dell’omonimo ristorante di Pieris (Gorizia), ma anche la rivisitazione del Dolce Torino (di cui parla anche Pellegrino Artusi) proposta dall’Hotel Roma di Tolmezzo (Udine). Sicuramente possiamo dire che in quegli anni ci furono, da parte dei vari chef, sperimentazioni a base di uovo, mascarpone, savoiardi e pan di spagna. Da qui sono nate le varianti regionali italiane, fino ad arrivare alla Sicilia, dove, a Bronte in particolare, si è voluto introdurre nella ricetta tradizionale uno dei componenti tipici del territorio: il pistacchio.
Questa variante, così sfiziosa, fa parte della carta dei dolci della Dabbe assieme a quella tradizionale. La granella di pistacchio garantisce un sapore croccante che ben si amalgama alla base del dolce, per il quale un posto, a fine pasto, si trova sempre. Nel locale pisano viene servito in contenitori ermetici, tipici delle conserve, unendo anche visivamente tradizione e modernità anche nel servizio al tavolo. Perché anche l’occhio, a tavola, vuole la sua parte!
La birra di accompagnamento? L’esperto consiglia una Braufactoum Progusta, una birra a 6,8 gradi di produzione tedesca. È una india pale ale ad alta fermentazione, ambrata, limpida con schiuma bianca, fine e persistente. Riesce a sposarsi bene con i dolci al cucchiaio grazie alle sue note di caramello, luppolo e miele. Prost!
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